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Masterplan della Corona verde di Roma Est

La “Corona verde di Roma Est” rappresenta un sistema ambientale che se opportunamente “deframmentato” – attraverso la connessione di infrastrutture verdi e grigie – porterebbe enormi benefici per l’intero quadrante della città, per tanti versi il più problematico, dal punto di vista ambientale e socio-economico. Il PRG vigente, che in parte scaturiva da una stagione di rinnovata e lungimirante sensibilità ecologista che si era imposta a metà dei Novanta sulla spinta di un emergente ambientalismo civico, l’aveva già descritta, articolata e integrata negli elaborati prescrittivi, ma senza garantire né le destinazioni né gli strumenti necessari per la sua effettiva tutela e attuazione. Uno dei principali ostacoli era la mastodontica zavorra di previsioni ereditate dal precedente PRG che, nel quadro di finanziarizzazione progressiva delle città e nonostante la flessione demografica, poi sfociata in stagnazione e contrazione, si erano nel frattempo convertite in astratti diritti edificatori “acquisiti”. Conseguentemente, nel quadrante Est della città si è combattuta una strisciante e interminabile guerra - a colpi di varianti, vincoli, ricorsi, mobilitazioni -, tra gli interessi della rendita urbana e dei costruttori da un lato e l’attivismo di comitati e movimenti che hanno costantemente cercato di preservare le aree scampate alla cementificazione del settore più intensamente urbanizzato della città. Il risultato di queste spinte e controspinte, il più delle volte, è stato lo stallo, l’abbandono, il divenire caotico tra piccoli e grandi abusi. Il percorso della Corona verde vorrebbe invertire questa tendenza sperimentando un nuovo modello innovativo di pianificazione e governo territoriale. Esso è collegato a “Mentelocale”, progetto di ricerca-azione che il LabSU (Laboratorio di Studi Urbani - Territori dell’Abitare) ha condotto in collaborazione con la Fondazione Paolo Bulgari e, in una prima fase (2020-2022), con la Libera Assemblea di Centocelle - la rete di cittadinanza attiva nata nel 2019 nel quartiere di Centocelle a seguito di una serie di gravi attentati incendiari contro spazi socio-culturali e commerciali. Il contesto di riferimento è quello della periferia orientale di Roma, caratterizzato dalla densità abitativa ed edilizia più elevata del territorio comunale, e al tempo stesso dai più elevati indici di inquinamento atmosferico, da suoli pesantemente contaminati e dalle più alte temperature superficiali, un “arcipelago di calore” dovuto alla quantità di suolo impermeabilizzato, all’intenso traffico veicolare, alla scarsa copertura arborea. E tuttavia in questo stesso quadrante sussiste ancora un “arcipelago verde” di notevole entità e qualità, arricchito da diffuse ed eccezionali pre-esistenze archeologiche, ma poco o per nulla valorizzato, e anzi per lo più fortemente frammentato, degradato, inquinato e precluso alla fruizione dei quartieri. Il percorso di MenteLocale si è svolto in due fasi. La prima durante la pandemia (2020-21) si è concentrata sulle aree a Sud e a Ovest della Corona, realizzando la mappatura e co-progettazione del Pratone di Torre Spaccata, Parco di Centocelle, Parco Somaini e Comprensorio Casilino. Un seconda fase post-pandemia (2022-23) ha riguardato le sezioni della Corona a Nord e a Est, includendo le aree del cosiddetto Parco Lineare (Serenissima - Campagna), Parco di Tor Tre Teste, Parco della Mistica e Casa Calda. Tra le due fasi si sono realizzate numerose iniziative pubbliche, tra cui quella dell’11 giugno 2022 in cui si è presentato alla Casa della Cultura il primo dossier sulla Corona verde in presenza di diversi rappresentanti istituzionali del Comune e dei municipi, ma si sono avviate anche molte altre attività collaterali: il laboratorio educativo con l’IC Largo Cocconi e il Borgo Ragazzi Don Bosco, che ha portato alla mappatura e realizzazione di un piano di assetto di Parco Somaini realizzato da ragazzi delle scuole medie e all'iniziativa di sistemazione di una porzione del Parco in collaborazione con il Municipio V e il Servizio Giardini; l’avvio del progetto di Servizio civile ambientale coordinato dal Centro di Educazione Ambientale (CEA) del Municipio V in partnership con il LabSU e la Fondazione Paolo Bulgari, che prevede il supporto dei ragazzi volontari al percorso della Corona verde; le interlocuzioni con le istituzioni per studiare e promuovere iter attuativi. Si consideri infine che il presente documento, è una bozza molto preliminare della Relazione tecnica che verrà elaborata a valle delle osservazioni al masterplan avanzate da comitati e cittadini.

L’ipotesi di ricerca da cui prende le mosse il progetto è che processi di trasformazione incisivi, che siano capaci di ridisegnare sensibilmente la relazione tra città e natura, possono essere soltanto sviluppati in presenza di un diffuso e solido capitale sociale - che sia in grado di costruire visioni alternative e riorientare le politiche pubbliche e il modello di sviluppo. Tuttavia, affinché tali visioni alternative (che di certo non mancano nel contesto romano) si impongano, occorre fare i conti con un problema originario che riguarda i processi di socializzazione, e in particolare con l’esigenza di ridisegnare localmente il “nuovo spazio sociale” derivato dall’ibridazione di spazio fisico e spazio digitale - in quanto oggi il modello dominante di mediazione digitale non favorisce affatto le relazioni locali, contribuendo semmai a eroderle. In quest’ottica, le tecnologie e in generale la transizione digitale diventano fattori decisivi per l’attuazione della transizione ecologica, ma non come valori in sé, bensì come strumenti e processi suscettibili di evoluzioni molto diverse dal punto di vista degli impatti dell’ICT sui sistemi locali. Impatti positivi si possono avere se, oltre alle infrastrutture verdi, cioè le tecnologie applicate all’ambiente, si sviluppano adeguate infrastrutture relazionali, vale a dire le tecnologie civiche a supporto dell’innovazione sociale. Per queste ragioni nell’ambito del progetto MenteLocale si è sperimentata una rudimentale piattaforma collaborativa costruita e configurata ad hoc (tramite servizi e software open e free) con l’obiettivo di potenziare la messa in rete, la condivisione di conoscenza e la collaborazione tra organizzazioni dal basso, grazie a funzioni abilitanti che non sono messe a disposizione dai servizi commerciali, ancorché gratuiti, reperibili sul Web. I principali strumenti integrati nel sistema sono: DokuWiki dedicata (“peer production” di conoscenza strutturata); applicazione mobile (mappature dal basso di conoscenza non strutturata); WebGis di confluenza (sintesi di conoscenza strutturata e non strutturata). Grazie a questo sistema si è potuto costruire “dal basso” un masterplan della Corona verde attraverso un lungo processo partecipativo che si è dato come obiettivo la messa a sistema delle conoscenze e delle proposte espresse sulle aree verdi del quadrante dal territorio stesso, cioè da quella componente della società civile che gli anglosassoni definiscono “stewardship” - vale a dire le organizzazioni e comitati che si prendono cura dell’ambiente, che lo tutelano entrando spesso in conflitto con gli interessi speculativi e l’inerzia amministrativa, o che ne sollecitano la valorizzazione per accrescere i servizi ecosistemici, promuovere la biodiversità, migliorare la qualità dell’abitare, abilitare usi sostenibili delle risorse naturali. Dal punto di vista attuativo, il masterplan della Corona verde prevede un programma di interventi mirati alla deframmentazione e rigenerazione ambientale del complesso di aree verdi distribuite intorno al quadrilatero densamente urbanizzato del quartiere di Centocelle. Esso descrive infatti un sistema ambientale (ancora) possibile, lo rende visibile e appetibile, ma descrive anche un nuovo modello (ancora) possibile di pianificazione e governo urbano, fondato sui pilastri della partecipazione e dell’ambiente, e su una visione alternativa della relazione tra città e natura, nonché delle economie che possono sostenerla. Dal punto di vista del processo si è impostato un percorso per il quale ad ogni tappa (coincidente con un’area o un sotto-ambito della Corona) ha corrisposto un lavoro preliminare online di raccolta di informazioni e analisi, un'esplorazione diretta delle aree per una mappatura tramite applicazione mobile e un laboratorio in presenza di valutazione degli esiti della mappatura e dei progetti esistenti per realizzare una sintesi progettuale molto attenta alla scala urbana e al tema delle connessioni ecologiche e funzionali.

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Il Masterplan ha l’obiettivo di rappresentare l’ipotesi di Piano come “realtà compiuta”, e quindi l’assetto strategico del territorio auspicabile (prevalentemente in termini ambientali, patrimoniali e di mobilità in questo caso) attraverso la deframmentazione della Corona verde di Roma Est. Gli interventi sono rappresentati in due macro-categorie: la mobilità, intesa principalmente come mobilità dolce connessa ai nodi del trasporto pubblico, e l’assetto urbanistico-ambientale delle aree della Corona. Riguardo quest’ultima macro-categoria va sottolineato che le proposte di zonizzazione non vanno concepite in maniera rigida, schematica e separata, ma come delle indicazioni da recepire in sede di progettazione vera e propria, intesa in senso amministrativo (dal Progetto di Fattibilità Tecnico Economica al Progetto Esecutivo) dei singoli parchi o sotto-ambiti della Corona, all’interno di progetti di Parco unitari e multifunzionali che possono aprire la strada anche a soluzioni innovative: ad esempio, non è detto che un’area ad alta naturalità non possa essere al tempo stesso pubblica e attrezzata, come non è detto che un’area ad elevato valore archeologico non possa essere integrata in un progetto unitario con un’area di pregio agricolo - paesaggistico, e così via. Infine, occorre sottolineare come l’intero sistema territoriale rappresentato nel Masterplan costituisce uno scenario strategico all’interno di un riassetto complessivo del territorio e dei relativi strumenti di governo: va da sé che il Masterplan non può essere attuato se non all’interno di un nuovo strumento urbanistico generale e di un aggiornamento degli strumenti sovraordinati.

Accessi: Tra le principali problematiche legate alle aree verdi del quadrante c’è quella dell’accessibilità. Nel Masterplan sono rappresentati gli accessi attualmente esistenti, i quali hanno bisogno in molti casi di interventi di riqualificazione legati soprattutto alla messa in sicurezza e all’abbattimento delle barriere architettoniche. Sono stati poi individuati, in seguito alle attività di esplorazione delle aree, i punti in cui è possibile e auspicabile realizzare ulteriori accessi per rafforzare il legame tra aree verdi e contesto urbanizzato, o per crearlo ex novo - nei numerosi casi in cui le aree verdi per diverse ragioni sono inaccessibili e talvolta neanche percepite dai quartieri limitrofi. In questo senso la riconnessione non riguarda solo la relazione quartieri - aree verdi, ma anche la funzione fondamentale delle aree verdi di costituire un tessuto connettivo tra quartieri o persino tra municipi, convertendosi appunto da cesure a cerniere. Da questo punto di vista assumono particolare rilievo i fronti di accesso: porzioni dei parchi esposte in maniera lineare e non puntuale ai quartieri limitrofi e che, se opportunamente riqualificate e attrezzate (poiché spesso sussistono problematiche legate a terreni in pendenza, suoli da bonificare o interclusioni causate da usi impropri) potrebbero favorire una significativa integrazione città - natura.

Percorsi ciclo-pedonali: Partendo dalle piste ciclabili esistenti, dalle progettualità già avanzate (come ad esempio il GRAB), dai nodi del trasporto pubblico (ed in particolare dalle fermate delle linee metropolitane), nonché dai percorsi interni ai parchi attualmente esistenti e dagli accessi esistenti e realizzabili, il Masterplan prova a disegnare l’assetto complessivo del territorio incentrato sulla mobilità dolce. Il termine generico “percorsi ciclo-pedonali” sta ad indicare che non sempre è stato possibile effettuare una valutazione puntuale sulla fattibilità, in termini spaziali, dei percorsi ciclabili, i quali devono rispondere a specifiche normative di settore che impongono precisi dimensionamenti. Si rimanda pertanto anche in questo caso ad una valutazione fatta nell'ambito del Progetto di fattibilità Tecnico Economica.

Varchi e ambiti di connessione: La Corona Verde, in quanto infrastruttura verde, ha al centro l’idea della deframmentazione tramite diverse forme di connessione tra le diverse aree, spesso separate da importanti barriere infrastrutturali che impediscono la mobilità delle specie (orientata cioè a favorire lo spostamento di animali e spore ma anche il movimento degli abitanti da un’area all’altra a piedi o in bicicletta), nonché il dispiegarsi del loro potenziale in termini di servizi ecosistemici (ecologici, sociali e produttivi). Nel Masterplan sono rappresentati i varchi attualmente esistenti o da adeguare (principalmente ponti e gallerie attraverso le infrastrutture) e quelli che sarebbe auspicabile realizzare per garantire un’adeguata interconnessione tra i diversi parchi. Gli ambiti di connessione identificano quei varchi (e le aree circostanti) particolarmente complessi e strategici per i quali sarebbe necessaria una progettazione ad hoc. In linea generale finora non è stato possibile effettuare una valutazione settoriale in grado di distinguere le connessioni funzionali (principalmente per garantire la mobilità e l’accesso alle aree) da quelle ecosistemiche. Anche in questo caso si rimanda quindi alla progettazione specifica che dovrà tenere conto del potenziale impatto ecosistemico di tali connessioni.

Aree ad elevata naturalità: Le aree ad elevata naturalità sono quelle all’interno delle quali è necessario garantire o ripristinare dei valori ambientali di pregio. Sono costituite ad esempio dal reticolo idrografico e dagli altri corpi idrici con le relative aree di buffer, ma anche dagli ambiti all’interno dei quali sarebbe auspicabile intervenire con riforestazioni e rinaturalizzazioni, volte a garantire una vasta gamma di servizi ecosistemici, tra i quali in particolare quelli ecologici di regolazione. La logica della loro localizzazione può essere duplice: da un lato se posizionate a ridosso di ambiti molto urbanizzati (il Raccordo, la penetrazione urbana della A24 ecc.) possono avere il ruolo di mitigare l’impatto ambientale legato alla presenza e all’uso di tali infrastrutture (mitigano l’isola di calore urbana, l’inquinamento atmosferico e acustico causato dal traffico veicolare ecc.). Dall’altro possono rappresentare degli habitat fondamentali per la salvaguardia della biodiversità e quindi possono essere potenzialmente delle aree core della rete ecologica. In quanto tali è opportuno separarle e distanziarle fisicamente dagli ambienti più urbanizzati, utilizzando il verde circostante come aree di transizione (aree buffer) tra gli ambienti più antropizzati e quelli più naturali.

Aree di pregio agricolo-paesistico: Tali aree rappresentano una preziosa testimonianza di quella che per lunghi secoli è stata la vocazione di queste aree: l’agricoltura. Anche nel quadrante Est della Capitale, nonostante l’elevata densità abitativa e la presenza delle manifattura in epoca moderna, si possono rintracciare significative porzioni di territorio che mantengono i caratteri tipici della campagna romana. Questo è testimoniato, peraltro, dalla presenza ben visibile dei numerosissimi casali agricoli, molti dei quali oggi in stato di abbandono. In queste aree si propone di sviluppare progetti legati all’agricoltura peri-urbana, che può andare dai più banali orti urbani, alle attività agricole 4.0 e multifunzionali, passando per l'agro-silvicoltura, l’agricoltura biologica, la permacultura, l’agricoltura sociale e così via.

Verde pubblico attrezzato: A questa categoria appartengono le aree che hanno una funzione di spazio a verde pubblico più tradizionale, legata a una elevata fruibilità e accessibilità, alla possibilità di offrire servizi per attività ludiche e sportive, nonché punti ristoro o altre attività sociali, aggregative e culturali.

Aree archeologiche: Per numero, qualità, distribuzione e stratificazione di straordinarie emergenze delle più diverse epoche storiche - molte delle quali poco o per nulla valorizzate -, Il territorio compreso nella Corona verde di Roma Est potrebbe anche costituire un enorme parco archeologico, forse il più grande di Roma e dunque del mondo. Questo patrimonio è oggi solo in minima parte visibile e fruibile. Le aree indicate nel masterplan come archeologiche indicano e localizzano siti caratterizzati da particolare densità o qualità di queste emergenze, comprovata da studi e scavi archeologici, nonché da importanti reperti archeologici. Se integrate con l’ambiente e soprattutto con il paesaggio circostante, sono destinate nel progetto ad interventi di salvaguardia e musealizzazione, garantendo ove possibile un’elevata accessibilità e fruibilità.

Aree di connessione: Le aree di connessione possono essere parchi urbani istituiti, giardini di quartiere o piccole aree verdi di risulta che all’interno della più ampia infrastruttura verde possono avere un ruolo strategico di connessione tra le altre grandi aree della Corona.

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La mappatura del Parco Lineare ha messo in evidenza i notevoli problemi delle aree prese in esame, tra cui si possono indicare: - La duplice cesura della A24 e della TAV, in pratica un recinto urbano che non è stato affatto attenuato dalle opere di mitigazione dell’alta velocità solo in parte realizzate (rispetto a quelle previste) da RFI – anche perché moltissime di queste opere non sono neanche state acquisite formalmente dal Comune in quanto non collaudate; - La totale assenza di accessi e percorsi che favoriscano una connessione interna e una fruizione in sicurezza, anche parziale, delle principali aree, e in particolare le aree cosiddette di Serenissima e di Campagna. - La mancata valorizzazione dell’ingente patrimonio archeologico emerso con le campagne di scavo nell’ambito dei lavori di realizzazione dell’Alta velocità, e anzi il suo abbandono in una situazione priva di ogni sorveglianza, come nel caso del deposito a cielo aperto di reperti alle spalle della Stazione Prenestina; - Il mancato collaudo, inaccessibilità e/o mancanza di manutenzione dei parchi lineari e delle piste ciclopedonali di compensazione della TAV, tra cui quello di via Tolmezzo, Stazione Serenissima, Stazione Tor Sapienza, via Luigi Montanarini, La Rustica; - I diffusi usi impropri, tra discariche abusive, terreni contaminati, attività produttive incompatibili o non autorizzate.

Dal punto di vista progettuale si sono sviluppati i seguenti spunti. Connessioni sia ecologiche sia funzionali tra le aree interne al Parco Lineare, con un percorso ciclopedonale che cerca di collegare longitudinalmente le aree in un tracciato che superi le cesure di Viale della Serenissima, Via delle Grotte di Gregna, Viale Palmiro Togliatti, via di Tor Cervara e circostante area industriale. Di fatto il percorso dovrebbe connettere senza soluzione di continuità i quartieri Casal Bertone (con le aree verdi non acquisite di Via Ettore Fieramosca) e Rustica. Connessioni con i quartieri e le aree verdi circostanti, soprattutto per deframmentare le aree verdi limitrofe, oltre le cesure della Tav e dell’A24, tra cui soprattutto la fascia di aree comprese tra ferrovia e Prenestina (Ex Snia, parco Pasolini, parco di via Tolmezzo, Villa Gordiani), nonché la fascia verde che corre quasi ininterrottamente da via Galla Placidia fino al Parco della Cervelletta e Riserva dell’Aniene a nord della A24. Le connessioni verticali funzionali, soprattutto relative a tracciati di mobilità dolce e percorsi ciclopedonali, lungo 3 assi principali: il primo di riconnessione dell’asse verde nord-sud che va dal Parco di Pietralata al Parco di Centocelle passando per Parco Tiburtino, Serenissima, Ex Snia, Comprensorio Casilino - Somaini, Villa De Sanctis; il secondo di connessione tra Cervelletta, Salviati, Parco De Chirico, Parco di Tor Tre Teste; una terza di connessione, già in gran parte esistente, tra Tor Sapienza e Mistica seguendo via Longoni. In questa ottica di riconnessione duplice, ecologica e urbanistica, diventa fondamentale la battaglia per estendere il Monumento naturale del Lago Bullicante all’area dell’ex Snia Viscosa, e integrare entrambi al Parco delle Energie e alla Serenissima. Chiaramente l’istituzione del Parco Lineare, per il quale su impulso del Comitato Parco LineaRE sono state approvate le “Linee di indirizzo per il progetto del Parco Lineare Roma Est” dall’Assemblea capitolina con Delibera n. 6, 17 gennaio 2023, favorisce un approccio di area vasta che tiene in considerazione la necessità di assumere come obiettivo la realizzazione di una complessiva rete ecologica per il quadrante più problematico della città. In funzione di questo obiettivo il laboratorio ha cercato di definire anche una zonizzazione che modulasse gli interventi in funzione degli usi del suolo attuali o potenziali delle singole aree. In particolare si sono messi in evidenza elementi ad elevata naturalità, come l’area umida nel settore orientale del futuro Parco, o componenti di connessione ecologica fondamentali come il fosso di Tor Sapienza, che andrebbe opportunamente ripristinato e valorizzato, o ancora aree produttive da riordinare e rendere attraversabili come quella degli orti urbani a ridosso della Togliatti. Si è infine attribuito grande rilievo agli ambiti di possibile trasformazione relativa ad aree o immobili abbandonati o sottoutilizzati, tra cui soltanto lungo l’asse della Prenestina l’ex Snia Viscosa, la Stazione Prenestina, l’Autorimessa Atac, la ex Fiorucci Metropoliz / Maam, la Caserma Cerimant, la ex Marchetti, l’ex Centro Commerciale Raffaello.

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Per quanto riguarda le maggiori criticità riscontrate e i rischi di edificazione ancora incombenti sulle aree si può elencare quanto segue. La mancata valorizzazione della cosiddetta “Passeggiata alessandrina”, solo parzialmente coincidente con la via Francigena del Sud. Entrambi questi progetti sono da lungo tempo sollecitati dagli abitanti e non sono mai stati avviati (solo parzialmente è stato riqualificato un tratto dell’acquedotto all’altezza dell’innesto al Parco di Tor Tre Teste); Collegato al precedente vi è da registrare una mancata connessione e in parte una carente accessibilità delle aree in questione, nonostante si tratti di aree prevalentemente pubbliche e nonostante l’evidente potenziale di un sistema complessivo di aree verdi di grande pregio in una progressione dall’urbano al naturale che va dal Parco urbano di Tor Tre Teste, al Parco agricolo-paesistico-archeologico della Mistica, alla piena naturalità delle aree verdi oltre raccordo - il tutto tenuto insieme dagli straordinari elementi patrimoniali di continuità dell’acquedotto alessandrino e del fosso di Tor Tre Teste. Il Parco di Tor Tre Teste ha un potenziale straordinario non sfruttato, in quanto non opportunamente valorizzato come area di connessione tra quartieri e per quanto riguarda la sua funzione di Parco urbano attrezzato; poche zone ai suoi margini sono fruite intensamente dagli abitanti e vi sono attrezzature che andrebbero riqualificate o completate, tra cui la pista di atletica da ristrutturare, l’arena teatrale che andrebbe attrezzata per favorire lo svolgimento di attività di spettacolo dal vivo, i percorsi ciclopedonali, incompleti o privi di continuità, la palestra all’aperto da potenziare, la sistemazione degli accessi e dei fronti stradali; Nel cuore del Parco, a ridosso dell’acquedotto nella zona Sud, insiste tutt’ora il rischio di edificazione collegato alla Compensazione ATO I2, possibilità che lo deturperebbe completamente dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, andando a generare un consumo di suolo non necessario vista la grande presenza di immobili abbandonati, anche nel quartiere di Tor Tre Teste. Nel quartiere di Tor Tre Teste Sud, vi sono diverse problematiche ma l’esigenza principale è legata alla totale assenza di piazze e spazi pubblici di aggregazione, e in particolare della mancata sistemazione della piazza Olcese e dell’annesso “multipiano”, mai completato e rifunzionalizzato dopo l’abbandono dell’iniziale progetto (PUP) per motivi tecnici e normativi, nonché alla totale inerzia relativamente alla mancata valorizzazione del patrimonio straordinario rappresentato dalla Chiesa del millennio di Richard Meier. Sull’area di Casa Calda si registra una situazione di stallo dopo la retrocessione all’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (A.P.S.A.) dell’area dei casali e della Torre di Casa Calda, dove il Comune non ha mai completato la riqualificazione dei casali e la valorizzazione della Torre medievale, e dove invece da molto tempo si sviluppano le attività e progetti della cooperativa Assalto al Cielo, che sta investendo risorse proprie in lavori di manutenzione straordinaria. Risulterebbero esserci trattative in corso da parte del Comune e del Municipio per ottenere nuovamente la proprietà delle aree in cambio della possibilità di realizzare una edificazione nell’area di proprietà APSA a ridosso di via di Tor Tre Teste (per un pensionato per pellegrini o una RSA). Anche in questo caso, oltre ai problemi di abbandono, vi è l’impossibilità di fruire di un ambito di straordinario valore paesistico, anche per le viste aperte verso la Mistica e i monti Prenestini. Il quadro della Mistica è altrettanto desolante. Vi è una complessiva mancata attuazione di gran parte delle prescrizioni dell’Accordo di programma del 2006, che prevedeva la cessione delle aree da parte dei proprietari privati - in cambio della realizzazione del centro commerciale Gran Roma - per la realizzazione di un Parco pubblico di 75 ettari con tre vocazioni: archeologica, agricola e sociale. In particolare sono stati assegnati ma senza mai perfezionare la concessione, solo 33 ettari, i quali ancora sono gestiti con i manufatti annessi dalle organizzazioni assegnatarie, tra cui la Nazionale attori e cantanti, che ha allestito il Parco Tutti insieme, e la onlus di Capitano Ultimo, che svolge attività sportive, sociali e commerciali (pizzeria) in due dei 4 casali dell’area. A queste organizzazioni si aggiunge Agricoltura Capodarco, che ha avuto in subconcessione una porzione di terreni e un casaletto svolgendo attività di produzione e distribuzione, e un’ulteriore società che gestisce un ristorante. In generale le singole iniziative hanno anche aspetti lodevoli, ma sono del tutto prive di raccordo tra loro e soprattutto frammentano l’area pubblica senza garantire una fruizione e accessibilità complessiva. Inoltre nel 2011 l’ACEA ha realizzato un disastroso impianto fotovoltaico su 13 gigantesche serre costruite con pilastrini di cemento che deturpano il paesaggio e pare risultino inservibili dal punto di vista della produzione per importanti errori costruttivi. Infine non è mai stata acquisita né quindi resa accessibile dal Comune l’area più consistente (42 ettari) e di maggior pregio paesistico, che è nelle effettive disponibilità di un pastore che senza alcun titolo impedisce l’accesso a chiunque e occupa senza titolo due casali dell’area già acquisita dal Comune. Inoltre non è mai stato reso agibile il passaggio ciclo-pedonale sul cavalcavia del GRA (alle spalle dei casali della Mistica di proprietà Federici) verso le aree naturali oltre raccordo, come previsto dall’accordo di programma, cavalcavia che attualmente risulta chiuso da un autodemolitore oltre raccordo che occupa tutta l’area circostante. Infine ancora incombono i rischi di edificazione della 167 prevista su una porzione privata della Mistica adiacente all’area pubblica sul lato a ridosso di via di Tor Tre Teste.

Dal punto di vista progettuale si sono immaginati due scenari strategici, uno di breve e uno di medio-lungo periodo. Quello di medio-lungo periodo si divide in 5 ambiti attuativi. Ambito Alessandrino: realizzazione della Passeggiata alessandrina - via Francigena del Sud con lo snodo fondamentale della piazza dell’Acquedotto alessandrino, che andrebbe riqualificata insieme alle aree verdi e preesistenze (torre medievale) lungo via degli Olmi e dotata di servizi sfruttando un manufatto (attualmente in via di accatastamento da deposito a funzioni ricreative e culturali) utilizzato in passato senza le debite autorizzazioni esclusivamente per somministrazione. Potrebbe diventare un punto di orientamento, noleggio biciclette e ristoro. La passeggiata, oltre a valorizzare l’acquedotto con una connessione simbolica di tutte le aree, rappresenterebbe una connessione funzionale con il cuore di Centocelle vecchia (Piazza di San Felice) e dunque anche con il Parco di Centocelle, soprattutto se venisse recuperato il progetto del 2004 di realizzare un ponte ciclopedonale sopra la Casilina. Ambito Parco urbano di Tor Tre Teste: scongiurare la compensazione, migliorare gli accessi e i percorsi, riqualificare le attrezzature sportive e ricreative. Supportare il CEA nella ulteriore valorizzazione dei percorsi didattici interni al parco, botanici e faunistici. Ambito quartiere Tor Tre Teste. Al momento risultano stanziati nel bilancio municipale circa 800 mila euro per la sistemazione di piazza Olcese, i quali potrebbero risultare non del tutto sufficienti. Ad ogni modo, il progetto dovrebbe essere condiviso dagli abitanti e soprattutto dovrebbe prevedere la parziale pedonalizzazione della strada che costeggia la piazza valorizzando la connessione pedonale con la scuola, la biblioteca Rodari, il retrostante Parco nella zona del Laghetto e la Chiesa del Meier. è emersa inoltre un’ulteriore possibilità: l’ottenimento di fondi del Giubileo per la completa ristrutturazione e rifunzionalizzazione del “multipiano”. Ambito Casa Calda. Necessaria la retrocessione dell’area dei casali e della Torre e il contenimento delle edificazioni richieste dall’APSA, cercando di valutare se non siano possibili permute che scongiurino il consumo ulteriore di suolo e le relative deturpazioni in un ambito di grande pregio paesistico. L’area pubblica va resa accessibile e connessa con il Parco di Tor Tre Teste tramite un percorso verde ottenendo una servitù di passaggio sui terreni privati. Va messo a punto un progetto di riqualificazione dei casali e valorizzazione della Torre concordando con gli attuali gestori (Assalto al cielo) un programma pluriennale di attività di interesse pubblico. Ambito Mistica. Acquisire i 42 ettari ancora in custodia ai privati e definire percorsi e accessi per la completa fruizione dell’area nel quadro di un complessivo itinerario che contempli l’apertura dell’accesso da via Tor Tre Teste e un attraversamento in sicurezza su via Lanari e via Tor Tre Teste dal Parco di Tor Tre Teste. Elaborare un progetto unitario dell’area in maniera partecipativa (o meglio in co-progettazione sfruttando il dispositivo normativo della delibera 104) a partire dal coinvolgimento degli attuali concessionari più altri soggetti eventualmente interessati, che ridisegni i perimetri delle attività e le relative attività di gestione e manutenzione, preveda un utilizzo dei casali, riconfiguri l’uso pubblico, collettivo e sociale degli spazi del parco. Si possono prevedere un mix di funzioni all’interno del progetto unitario, che vanno dalla riforestazione (nelle zone adiacenti al GRA per mitigare gli impatti del traffico veicolare), alla valorizzazione archeologica lungo l’acquedotto, all’agricoltura sociale. Inoltre, occorre effettuare con ACEA una valutazione della funzionalità e degli impatti delle strutture produttive (serre) a supporto dell’impianto fotovoltaico, e nel caso procedere a una ristrutturazione, o demolizione e ricostruzione sulla base dei requisiti necessari e di un minore impatto ambientale. Occorre poi ripristinare il collegamento del cavalcavia sul GRA predisponendo un percorso ciclopedonale lungo il fosso di Tor Tre Teste fino alla metro Giardinetti e al Castello di Torrenova con l’annessa area verde con i resti del cosiddetto Ninfeo di Beatrice Cenci. A questo proposito va valutata la situazione a sud-est della Mistica per garantire una connessione Casa Calda - Mistica, lungo via dei ruderi di Casa Calda e via degli scriccioli, prevedendo un ponte ciclopedonale sul fosso di Tor Tre Teste per la congiunzione con l’area pubblica e rendendo praticabile il sottopasso interpoderale che consentirebbe un ulteriore varco ciclopedonale lungo il fosso e oltre la cesura del GRA. Scenario a breve termine. Occorre accelerare tutti i progetti già finanziati raccordandoli in un programma unico, e in particolare l’intervento su piazza Olcese e sull’asse con la Chiesa del Meier come snodo di una iniziativa di valorizzazione incentrata sulla continuità fisica e simbolica dell’acquedotto Alessandrino. Si potrebbe dunque procedere con le seguenti azioni in un cronoprogramma unitario: riqualificazione piazza Olcese e sua connessione con asse attrezzato con la Chiesa del Meier e con l’acquedotto all’altezza del laghetto; creazione di una segnaletica unitaria su tutto il patrimonio (naturalistico e archeologico) a partire da piazza San Felice, lungo l’acquedotto; interventi di manutenzione straordinaria lungo via degli Olmi e a piazza dell’Acquedotto Alessandrino; attivazione di servizi a piazza dell’Acquedotto, con noleggio bici e punto di orientamento e ristoro; creazione di un percorso che consenta di procedere fino all’accesso all’area pubblica della Mistica, con attraversamento in sicurezza di via Lanari, una servitù di passaggio lungo l’area sportiva di tiro con l’arco (pubblica), attraversamento in sicurezza di via di Tor Tre Teste, accesso alla Mistica di un’area inizialmente limitata alla zona adiacente all’acquedotto da aprire durante i weekend con assegnazione in custodia ai comitati locali.

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La principale criticità riscontrata nell’area del comprensorio Casilino riguarda la mancata pianificazione urbanistica. Nonostante il vincolo paesaggistico Ad Duas Lauros, l’area risulta una “zona bianca”, ovvero priva di pianificazione: l’attuale PRG la considera un ambito a pianificazione particolareggiata definita, ma il suo piano particolareggiato non è mai stato approvato in via definitiva: la conseguenza è che l’area rischia ulteriori cementificazioni. In termini progettuali il masterplan ha di fatto ‘acquisito’ il Piano di Assetto elaborato dall’Ecomuseo Casilino, il quale è anche entrato nel dettaglio delle singole aree che compongono il comprensorio: Parco Sudrié; Parco Teano - Maddaloni; Parco Mengoni D’Antoni; Parco Prenestino Labicano. Uno specifico focus progettuale è stato invece dedicato all’area del Parco Somaini, adiacente viale della Primavera e via Tor De’ Schiavi, solo in minima parte ricadente nel comprensorio Casilino. In questo parco si sono riscontrate notevoli criticità: -I ruderi dell’ex teatro tenda Pineta non solo rappresentano un elemento di forte degrado, ma impediscono l’accesso e anche la sola visibilità del parco dal quartiere di Centocelle; -L’unica area effettivamente accessibile è quella del parco Arafat, tra Largo Agosta e via Fiuggi. Tuttavia anche questo piccolo parte soffre di notevoli problemi di incuria: l’area giochi è stata smantellata, l’area cani è autogestita da un’associazione locale con notevoli sforzi, manca l’acqua per l’innaffiamento degli alberi e delle essenze piantate dalle associazioni locali; -Nel Parco è stato insediato il cementificio e il deposito di Metro C SPA in maniera impropria e non conforme con la vocazione dell’area, oggetto del vincolo Ad Duas Lauros. -Il Casale Somaini risulta un rudere abbandonato e fatiscente; -In generale le altre aree del parco sono non curate e soggette ad insediamenti informali ed estremamente precari di popolazione indigente. Le progettualità, raccolte anche all’interno del laboratorio scolastico svolto nell’ambito del progetto MenteLocale, sono subordinate ad un intervento urbanistico sulle aree che risultano in buona parte private. Il progetto di parco in quest’area necessita di essere accompagnato da un percorso di inclusione sociale che superi la condizione dei baraccamenti di fortuna all’interno dell’area. E’ necessaria poi la bonifica e rinaturalizzazione dell’area pubblica dell’ex teatro tenda, sulla quale il Municipio ha vinto il ricorso contro gli ex concessionari, per garantire l’accessibilità e la riconnessione del parco con il quartiere di Centocelle, la riqualificazione del Parco Arafat, il recupero storico e funzionale del Casale. In termini di accessibilità il Parco si presta alla realizzazione di diversi fronti di accesso lineare per la piena integrazione con i quartieri circostanti: lungo via Belmonte Castello e Romolo Lombardi per la connessione con De Santis (ex Casilino 23) e lungo Viale della Primavera con Centocelle. Su una prospettiva di lungo periodo sarà necessario delocalizzare le attività improprie di Metro C SPA assolutamente incompatibili con l’area. Interventi proposti: - demolizione ruderi teatro tenda e bonifica; - recupero antico casale agricolo del “Pecoraro”, con Orti, fattorie didattiche e musei delle tradizioni contadine; - musealizzazione reperti archeologici tra via Belmonte Castello e via dei Gordiani; -trasferimento e bonifica deposito metro migliorare l’accessibilità nei 4 punti attualmente esistenti; -realizzare gli accessi da: Gardenie, Via Lombardi, via Gordiani, via Supino; -effettuare interventi di forestazione di piante autoctone, densificando il bosco di farnia; -ricalcare i tracciati antichi per i percorsi interni; -realizzare le connessioni su Viale Primavera, Parco Teoli, Villa Gordiani, Villa De Santis

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Il progetto del Parco delle Ville Romane nasce dai comitati locali e sottolinea la continuità territoriale che c’è tra il Parco di Centocelle, destinato a verde pubblico e tutelato da opportuna vincolistica in virtù del patrimonio archeologico che custodisce nel sottosuolo (nonostante ci sarebbe da ri-approvare un Piano Particolareggiato ai fini degli espropri delle aree non ancora di proprietà del comune) e le altre due aree: il Pratone di Torre Spaccata e l’area di Villa Flaviana. In particolare, il Pratone è destinato da PRG alla realizzazione di una centralità urbana con circa 600 mila metri cubi di cemento che potrebbe prendere vita in seguito all’accordo tra l’attuale proprietà, Cassa Depositi e Prestiti, e Cinecittà spa, nonostante la comprovata presenza di notevoli reperti archeologici risalenti a diverse epoche storiche. La principale criticità di queste aree è quindi relativa alla mancanza di un'adeguata tutela e pianificazione urbanistica. Per il Parco di Centocelle si propone quindi l’approvazione di un nuovo Piano Particolareggiato ai fini dell’acquisizione delle aree. Per il Pratone, la proposta di ripianificazione dell’area prevede in estrema sintesi l’apposizione dei dovuti vincoli e il trasferimento delle cubature per la realizzazione degli studios in altre aree attualmente dismesse e abbandonate nelle zone circostanti (alcune ipotesi, anche più vicine agli attuali studios di Cinecittà, per un possibile atterraggio di queste cubature sono state già individuate dai molteplici comitati locali che si battono per la salvaguardia del Pratone). Al di là delle questioni urbanistiche, le due aree sono soggette a notevoli e note criticità legate alla carenza di manutenzione, agli usi impropri e al relativo inquinamento. Su tutte, la presenza degli autodemolitori lungo viale Palmiro Togliatti appare la più problematica, anche alla luce del vasto incendio scoppiato nell’estate del 2022 al Parco. Un’altra vicenda particolarmente complessa riguarda le necessarie bonifiche dell’area e la messa in sicurezza del sistema delle cavità sotterranee. Il Comune sta realizzando in queste settimane un progetto complessivo per l’area del Parco di Centocelle che superi la vecchia logica degli stralci funzionali. Questo prevede inoltre nuove piantumazioni, nuovi ingressi, un sistema di ciclabilità connesso con il GRAB e con un'attenzione alla funzione di collegamento tra quartieri. Il Masterplan della Corona Verde traduce in termini di zonizzazione le macro-categorie di interventi previsti da questo progetto, aggiungendo il collegamento con il quartiere di Centocelle tramite ponte pedonale sulla Casilina attualmente non previsto per assenza di coperture economiche. Per il Pratone vale un discorso analogo, con la differenza che il progetto di riferimento è quello elaborato dal basso, in maniera partecipativo e laboratoriale dal Comitato locale. L’approccio emerso nei laboratori punta mantenere nelle aree centrali del Pratone una elevata naturalità, necessaria per la funzione di corridoio ecologico dell’area, una componente destinata alla musealizzazione dei reperti e delle aree dal carattere di verde pubblico attrezzato lungo i margini del parco.

La Corona verde di MenteLocale non vuole però restare un masterplan, perché come si è detto si propone come un modello innovativo di pianificazione, attuazione e governance territoriale che mette al centro la partecipazione abilitata da forme alternative di mediazione digitale. Questo modello può essere anche interpretato come un innovativo sistema socio-ecologico volto a ridisegnare il modello di sviluppo locale nel suo complesso nell’ottica dei beni comuni (McGinnis, Ostrom 2014). Come possibile nuovo strumento attuativo, la Corona si inserisce in una lunga tradizione che può essere facilmente compendiata da due casi emblematici e molto diversi tra loro, da un lato il “Green Belt” londinese, dall’altro la “ceinture verte”, o “petite ceinture” parigina. Nel caso londinese - ma riguarda tutta la Gran Bretagna - si tratta di un vero e proprio modello di pianificazione urbanistica che trae la sua origine addirittura nel XVI secolo e viene formalizzato nel 1935, e prevede la preservazione di un enorme polmone verde attrezzato che circonda le città con diverse funzioni:

1. tutela del territorio agricolo; 2. contenimento dell’espansione urbana e contrasto alla cementificazione; 3. offerta di spazi verdi e strutture ricreative per la periferia e le città satelliti; 4. riqualificazione del paesaggio e delle aree dismesse e degradate.

Nel caso parigino si tratta della rigenerazione del vecchio anello ferroviario dismesso a ridosso del centro storico, come anello di connessione eco-ricreativa dei quartieri e di molte aree verdi. Si tratta quindi nel primo caso di un’ampia fascia di verde extraurbana nella quale prevalgono i servizi ecosistemici, senza limitarsi ad essi, nel secondo di una fascia di deframmentazione del verde urbano con funzione prevalentemente ricreativa ma non limitata ad essa, in quanto può essere interpretato come un caso di risignificazione e riqualificazione virtuosa dei vuoti urbani capace di ridefinire i modelli di convivenza tra dimensione naturale e urbana, ma anche tra diversi gruppi e identità sociali. Ma un riferimento più immediato può essere individuato negli strumenti di governance multiattoriale come i “Contratti di fiume” o i “Contratti di paesaggio”, che implicano una pianificazione di area vasta e una programmazione di interventi che possono essere attuate soltanto grazie a un approccio integrato e in seguito a un coinvolgimento strutturale di tutti gli enti e attori territoriali interessati e competenti. In tal senso, vista l’importanza crescente delle infrastrutture ecologiche urbane, proporremo che si trasli questo modello in ambito urbano per definire Contratti ecologici capaci di modificare a fondo forma e sostanza dell’abitare nelle nostre città.

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  • Ultima modifica: 21/05/2023 11:15
  • da Stefano Simoncini